Il bambino e il gioco
Per comprendere il significato del gioco infantile bisogna innanzitutto comprenderne il linguaggio: la cultura infantile utilizza infatti un linguaggio analogico, magico-animistico, che si esprime prevalentemente attraverso la metafora e la metonimia.
La cultura adulta occidentale, invece, per spiegare un fenomeno ha bisogno di misurarlo e di porlo in una relazione causale con altri fenomeni, utilizzando un linguaggio di tipo digitale, ipotetico-deduttivo: questo spesso impedisce all'adulto di comprendere correttamente il significato profondo del gioco e a banalizzarne i contenuti.
L'adulto, infatti, spesso si comporta con il bambino in modo colonialista, tentando, cioè, di cancellare la cultura ritenuta più debole ed inadeguata per imporre la propria, i propri punti di vista, il proprio linguaggio.
Bettelheim afferma che "è questa la tragedia di tanta parte della psicologia infantile: le sue conclusioni sono corrette e importanti, ma non giovano al bambino. Le scoperte in campo psicologico aiutano l'adulto a capire il bambino secondo i parametri dell'adulto. Ma questa comprensione adulta dei meccanismi della mente di un bambino allarga spesso il solco che li divide: i due sembrano osservare lo stesso fenomeno da punti di vista così diversi che ciascuno vede qualcosa di completamente diverso. Se l'adulto insiste che il suo modo di vedere è quello giusto, e probabilmente lo è, oggettivamente e con cognizione adulta, dà al bambino la sconsolata sensazione che è inutile giungere ad una comprensione comune. Sapendo che detiene il potere, il bambino, per evitare guai e stare in pace, dice di essere d'accordo con l'adulto, ed è poi costretto ad agire per proprio conto" (1) [i]
Spesso è proprio la mancanza di equilibrio, l'incapacità di gettare un ponte che permetta al bambino di esprimere compiutamente la propria cultura, integrandola poco a poco con i parametri della cultura adulta, quando occorre (ma senza smarrire
o cancellare la propria), che creano disagio e disadattamento.
Bisogna, dunque, permettere al bambino di costruire degli spazi dove possa fare richieste, esprimere dei bisogni, dettare delle regole; un luogo dove questi bisogni, desideri,
regole, siano riconosciuti come legittimi. Uno spazio dove il bambino si senta libero dal dover essereconforme alle aspettative del mondo adulto, per poter esprimere semplicemente se stesso, ciò che sente, ciò che vive. Questo è
propriamente lo spazio del gioco.
La presa di distanza, l'individuazione, l'autonomia, il senso di un Io competente, pensante, desiderante e separato "dall'altro", è conquista difficile, progressiva e non lineare, che incontra spesso l'ostacolo di un adulto incapace, lui per primo, di aiutare il bambino nel passaggio da una fase simbiotica ad una di autonomia.
Il compito del bambino è quindi complesso, progressivo, pieno di incertezze che si giocano tutte in uno spazio transizionale che definisce la distanza che si viene a creare tra il bambino e la madre e tra il bambino e il genitore omologo, uno spazio che viene riempito con l'accesso al simbolico.
E' questo uno spazio magico in cui realtà e fantasia si intrecciano, si sovrappongono, si con-fondono; uno spazio in cui si gioca la partita decisiva tra una struttura di sopravvivenza (o se si vuole un falso Sè) ed una identità ricca, forte, coraggiosa ed autentica. La prima irrigidisce la personalità, rende ripetitivi gli atteggiamenti ed i comportamenti dell'individuo, e la rigidità diventa sinonimo di falsa sicurezza: il tentativo che il soggetto compie è quello di adattare forzatamente la realtà a sé. La seconda è autenticità, fluidità, disponibilità all'insicurezza del nuovo, è capacità di adattare sé alla realtà.
Lo scopo e la funzione del gioco infantile può essere, allora, quello di aiutare il bambino a costruire un Sé più consapevole ed equilibrato; è uno spazio-laboratorio entro il quale il bambino può costruire empiricamente la propria immagine di Sé, può sperimentare e sviluppare le proprie competenze relazionali e le proprie abilità negoziali con i coetanei e con l'adulto.
Dott. Carlo Petitti
[i] (1) B. Bettelheim - Il mondo incantato - Feltrinelli, Milano 1982